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Ci lascia Emanuele Perotti. Da Torino con amore

Aggiornamento: 19 ott

Emanuele Perotti

Simpaticamente "Meme" salutava gli amici con il gesto dei nativi del nord America Augh un modo simpatico - inusuale forse bizzarro ma nel contempo rassicurante, un messaggio di pace ed amichevole.


Conobbi Emanele Perotti diversi anni fa, quando Spazio Tesla appena nata era in cerca di una location dove poter realizzare gli eventi; in una telefonata insolita ed inaspettata di Meme (allora non avevo la confidenza per rivolgermi a lui con il suo soprannome), mi chiese

di incontraci presso il Castello di Zena austero maniero dell'anno mille posseduto tra l'altro dei Templari, certamente un luogo carico di vissuto.


Castello di Zena
Castello di Zena

Nel linguaggio forbito-colorito al quale ho capito che dovevo abituarmi, da quel giorno e grazie alla benevolenza di Emanuele Perotti, Castello di Zena assieme al Centro Congressi Galileo divenne sede di innumerevoli eventi tra i quali ricordo gli appuntamenti con Mauro Biglino, i congressi sulle NDE per citarne solo alcuni ed in seguito location di ciack cinematografici coprodotti da Spazio Tesla ed Alternative Studio di Gianpaolo Saccomano con i lungometraggi "L'Italia Segreta di Lovecraft" e "Saturnales" e la recente concessione di Meme per girare diverse puntate del documentario "Majorana e Pelizza il Codice Perduto" in collaborazione con Telecolor


Nello splendido articolo a firma di Anita Madaluni il profilo autentico di un "guarriero" ante litteram, dicusso a tratti discutibile ma certamente con un cuore grande, ciao Meme ora hai cambiato abito per una nuova missione...

Alberto Negri


Ci Lascia Emanuele Perotti. Da Torino con Amore



Anita Madaluni



di Anita Madaluni


Quando muore un guerriero, riecheggiano nel mondo colpi di cannone, lampeggiano nella notte luci pirotecniche e fuochi d’artificio. Quando tempra, gesta, e la lama fendente della sua missione, di concerto lasciano il corpo, dell’Apocalisse si accordano e suonano le trombe; in quell’istante anche le stelle muoiono, cadendo.

 

Quando muore un eroe si armano, pacifici, picchetti d’onore che in punta di spada innalzano lame al cielo.

 

Abbandona il corpo, vestito di armatura, quel guerriero massiccio, possente.

 

E poi la storia narra di un altro eroe, meno muscoloso ma altrettanto gagliardo, abbigliato in doppiopetto di velluto a coste, ascot al collo e sciarpa di cachemire, esile nell’incedere, elegante nel portamento, autorevole nell’allure fisica e verbale, libero di veleggiare nel sogno, capace di tratteggiare una visione, combattente allo stremo nelle piazze degli inalienabili valori umani, generoso diffusore di elucubrazioni, guizzo colto, sguardo acuto, occhi sarcastici e battute sagaci.

 

Connettore di variopinte relazioni, accogliente ma incisivo, impulsivo ma benevolo, irruento a tratti ma costruttivamente paciere e mediatore.

 

Questa seconda specie di guerriero vogliamo omaggiare, un guerriero nei toni più che nei modi (signorili oltre misura), nei raffronti più che negli scontri, nella dialettica concreta più che in sterili dissertazioni; guerriero di sapienza, sovrano autodeterminato senza compromessi nel DNA, con l’araldo nella memoria famigliare. Guerriero di Luce fanciulla, tout court.

 

Con la morte di Emanuele Perotti – per gli amici, ma oramai per il popolo tutto, Meme – la fanfara che squilla a lutto propaga note di singolare, insolita frequenza: non il fragore dei simposi sguaiati dei recenti, drammatici anni di dissenso costituzionale, ma l’edificio propositivo di contenuti mai sterili, di provocazioni sempre lucide, argute e mai banali.

 

Ecco: quando lascia il corpo un guerriero di tal fatta – rarefacendo la pesante densità di una Terza Dimensione talvolta opprimente e avvelenata – mutando forma e non sostanza, quando se ne va uno come Meme beh…il mondo si erige in standing ovation, e applaude coraggio, tenacia, folgorante sagacia, simpatia.

 

Applaude il gigante esile, leggero, peso piuma di farfalla e statura di roccia radicata in un corpo da tempo sofferente e pur tuttavia forte, portatore sano di sovranità individuale, di sarcasmo puntuto.

 

Applaude versando una lacrima in quel sorriso che era capace di strapparti contropiede, magari proprio dopo un acceso dibattito, fulmineo come quei servizi sul campo da tennis dell’intelletto, in volée di neuroni scattanti e racchetta sempre pronta a spiazzarti sotto rete.

 

L’anima indomita di Perotti, moderno Lancillotto dalla voce antica ma contemporanea, dalle movenze aristocratiche, eternamente à la page, presiede – apparecchiandola – una arturiana table ronde di affabile generosità, amicizia, amore.

 

Resteranno incisi, nell’operosità dei pomeriggi piemontesi, inguainati con maestria dentro agende superfitte di appuntamenti, quegli incontri che pur istituzionali rendeva informali, non di rado veri e propri summit al vertice, nel salotto accogliente della sua signorile abitazione.

 

Nel Tutto si ricongiunge ora con il papà, con la mamma Carla, giornalista, scrittrice, maestro di yoga ma soprattutto filosofa e faro di sapienza, gigantesca capostipite, dalla prosa ricercata, che nei decenni donava in eredità una straordinaria letteratura, pura poesia imbastita su temi cagionevoli come disagi giovanili, tossicodipendenze e, in generale, sulla gracile caducità del mal di vivere.

 

Grazie a Meme Perotti molti si sono conosciuti, connessi, confrontati; una meiosi cellulare capace ad libitum di propagare nell’atmosfera preziosi, incontaminati semi antichi di gratuità.

 

Semi integri, autentici, quanto il suo cuore non OGM, altruista e generoso.

 

Semi già sbocciati in fili d’erba, che continueranno a schiudersi e a germogliare, raccontando, a futura memoria, del suo memorabile passaggio: un francobollo, un timbro sigillante a ceralacca le sue affusolate, profonde impronte.

 

Orme Ora Qui Ovunque.

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